domenica 29 marzo 2009

Preziosità del silenzio

Il silenzio è mitezza
quando non rispondi alle offese
quando non reclami i tuoi diritti,
quando lasci a Dio la difesa del tuo onore.
Il silenzio è misericordia
quando non riveli le colpe dei fratelli,
quando perdoni senza indagare il passato,
quando non condanni, ma intercedi nell'intimo.
Il silenzio è pazienza
quando soffri senza lamentarti,
quando non cerchi consolazione tra gli uomini
quando non intervieni
ma attendi che il seme germogli lentamente.
Il silenzio è umiltà
quando taci per lasciare emergere i fratelli,
quando celi nel riserbo i doni di Dio,
quando lasci che il tuo agire venga interpretato male,
quando lasci ad altri la gloria dell'impresa.
Il silenzio è fede
quando taci perché è Lui che agisce
quando non cerchi comprensione
perché ti basta sapere di essere amato da Lui.
Il silenzio è adorazione
quando abbracci la Croce
senza chiedere perché".

anonimo

Messaggio di tenerezza (tanti di voi già lo conoscono ma è troppo bello non leggerlo un'altra volta!

Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato sulla sabbia accompagnato dal Signore, e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita proiettato nel film apparivano orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.

Così sono andato avanti,
finchè‚ tutti i miei giorni si esaurirono.
Allora mi fermai guardando indietro,
notando che in certi posti c'era solo im'orma...
Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia vita: i giorni di maggior angustia,
di maggiore paura e di maggior dolore...

Ho domandato allora:
"Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita, ed io ho accettato di vivere con Te, ma perché‚ mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia vita?".


Ed il Signore mi ha risposto:
"Figlio mio, io ti amo e ti dissi che sarei stato con te
durante tutta la camminata e che non ti avrei lasciato solo
neppure per un attimo, ebbene non ti ho lasciato...
I giorni in cui tu hai visto solo un'orma sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui io ti ho portato in braccio".

Due minuti, leggi questo testo...

Mamma, sono uscita con amici. Sono andata ad una festa e mi son ricordata quello che mi avevi detto: "non bere alcolici!" Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, cosí ho bevuto una Sprite. Mi son sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici. Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio é stato giusto. Quando la festa é finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ció che mi aspettava...
Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice: "il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco". Mamma, la sua voce sembra cosí lontana... Il mio sangue é sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono: "questa ragazza non ce la fará". Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocitá. Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... Perché le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che distruggeranno delle vite?
Il dolore é come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. Di a mia sorella di non spaventarsi, mamma, di a papá di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva... la mia respirazione si fa sempre piú debole e incomincio ad avere veramente paura... Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento cosí disperata... Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene per questo... Ti voglio bene e....addio.
Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva... letteralmente shockato.
Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza. Diffondi questo testo, non perdere l'opportunitá di far capire a molte persone che la tua stessa vita é in pericolo, anche se non bevi.

L'ALBERO DELLE NUOVE RELAZIONI

L'ALBERO DELLE NUOVE RELAZIONI
Canta.
Cammina. Sorridi a tutti.
Saluta per primo chi incontri per la strada.
Dì a qualcuno "ti voglio bene". Sappi scherzare con te stesso.
Perdona o dimentica il male ricevuto. Abolisci la parola "rancore" dal tuo vocabolario.
Regalati ogni giorno dieci minuti di silenzio. Parla con Dio, getta in Lui ogni tuo affanno.
Permettiti di sbagliare. Chiedi aiuto. Spegni il televisore ogni tanto e dialoga con chi ti sta vicino.
Comportati gentilmente. Mantieni lo promesse fatte. Ricorda compleanni od onomastici.
Leggi un buon libro. Cambia pettinatura. Ascolta la vicina sola che ti blocca quando avresti cento altre cose da fare.
Fermati a contemplare il cielo. Ringrazia Dio per il Sole. Lasciati guardare da un flore, dalle nuvole, dalle stelle.
Nascondi i tuoi crucci. Dimostra la tua felicita. Accetta un complimento. Fatti un regalo. Canta mentre fai la doccia.
Lascia che qualcuno abbia cura di te. Aiuta un ammalato. Impedisciti, per un giorno, di dire "non posso".
Guarda un fiore con attenzione. Accarezza un bambino. Dai una pacca sulla spalla dl un amico.
Vivi con intensità il momento presente. Compi le tue azioni come se fossero dei piccoli capolavori.
Pratica il coraggio e la fedeltà nelle piccole cose. Fai il tifo per la tua squadra. Cerca di essere te stesso.
Impara ad ascoltare. Chiedi scusa, se lo ritieni giusto e opportuno. Lascia perdere i pettegolezzi.
Sii un incorreggibile ottimista. Porta a compimento un impegno con lo stesso entusiasmo degli inizi.
Osserva le gemme che si dischiudono e ascolta il respiro del vento tra le fronde degli alberi.
Quando sei giù di corda, ascolta la musica leggera e se hai desiderio, mettiti a ballare.
Fai la spesa per il vicino anziano. Coltiva un hobby che ti piaccia. Compi un favore.
Fai sentire "benvenuto" chi viene a trovarti.
Sii amorevole verso tutti.
Fidati degli altri.
Perdonati.
Impegnati
a vivere con
passione:
nulla di grande
si fa senza di essa.
Non sentirti solo. Credi che in ogni cuore c'è un germe di bontà e di bene da scoprire.
Pensa agli ostacoli come occasioni per sviluppare qualità.
Prosegui sempre, nonostante tutto, il tuo ideale di buono, di vero e di bello.


(se decidi di copiarlo prima di stamparlo evidenzialo e metti allineamento centrato.... fedrai la forma di un albero.)

IL MEDICO DI WELBY

Mente&Cervello, aprile 2009, n. 52
L’intervista. Il medico di Welby

Affetto da distrofia muscolare, Piergiorgio Welby invocava una «morte opportuna». A colloquio con Mario Riccio, il medico che ha fatto la sua volontà. Di Cinzia Sgheri
È il 20 maggio 2002. Sul suo blog Il Calibano Piergiorgio Welby invia un SOS a tutti i naviganti. E scrive:
Se un medico vi dicesse: «Lei ha una malattia incurabile e le resta poco da vivere, però noi potremmo farle un buco in pancia (gastrostomia) per poterla alimentare, poi le praticheremo un foro nel collo (tracheotomia) per permetterle di respirare, le introdurremo un tubicino nell'uretra (catetere vescicale) per consentirle di urinare, un'infermiera le svuoterà giornalmente l'intestino; naturalmente dovremo sottoporla a forti terapie antibiotiche per contenere le infezioni causate dai tubi e inevitabilmente dovrà sopportare i decubiti, piaghe dolorose che corrodono la carne fino all'osso. Però lei potrà vivere anche un anno o più!». E se un medico vi dicesse: «Lei ha una malattia incurabile e le resta poco da vivere, però noi potremmo ridurre le sue sofferenze al minimo e, su sua richiesta, procurarle una morte indolore, purtroppo la scienza ha i suoi limiti». Da quale medico vorreste essere curati?

da sito: http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/L%E2%80%99intervista._Il_medico_di_Welby/1337698
(26 marzo 2009)

lunedì 23 marzo 2009

una firma di solidarietà

LA TUA FIRMA PER REALIZZARE I NOSTRI SOGNI
E’ semplice!
“5 per 1000”
al Soggiorno Proposta onlus
La tua generosità sosterrà le nostre iniziative a favore di tanti giovani
che desiderano cambiare il corso della propria vita.


Secondo la legge 266 del 23-12-2005, nella dichiarazione dei redditi è possibile destinare alla nostra Associazione il 5 per 1000 dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Per chi compila il modello 730 o il modello Unico è sufficiente firmare nella apposita casella con intestazione:
Sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative… e riportare il nostro codice fiscale:
91000890698

I titolari di un solo reddito da lavoro dipendente o di una pensione che non devono presentare la dichiarazione dei redditi possono consegnare la scheda (come si fa anche per l'8 per mille) in busta chiusa a un ufficio postale, a uno sportello bancario o a un intermediario abilitato alla trasmissione telematica (CAF, commercialisti ecc.).
La devoluzione, essendo a carico dello Stato, è del tutto gratuita per il dichiarante, così come avviene per l’8 per mille.

Grazie! …… e se puoi, passa parola ed aiutaci ad avere nuovi amici!


Per chiarimenti potete contattare il nostro ufficio
tel: 085.9194001 – amministrazione@soggiornoproposta.org

LA NOIA ADOLESCENZIALE

Le riflessioni che seguono sono tratte dal contributo di Giancarlo Salvatori pubblicato sul sito http://www.mentesociale.it/ricerche/ricerca_noiaadolescenti.htm.

L’Autore intende descrivere alcune tra le più comuni sostanze
stupefacenti che possono essere utilizzate dai giovani per sfuggire a
quella sensazione di vuoto dell’anima e aridità dei sentimenti
che caratterizzano la noia.
Le notizie dei quotidiani ci riferiscono dell’abbassamento dell’età in cui
i giovani si avvicinano alle droghe, ormai si tratta addirittura di pre-adolescenza.
L’intenzione è quella di raccordare la noia adolescenziale con l’uso
delle sostanze stupefacenti dando una breve descrizione di queste ultime.
infatti tutti conoscono il nome delle diverse droghe, ma solo gli addetti ai lavori
le hanno viste e sanno gli effetti che provocano.


PARTE PRIMA
La noia adolescenziale

L’adolescenza è il periodo di tempo in cui i ragazzi costruiscono il loro sentimento d’identità e in altre parole la percezione della continuità d’essere se stessi nel tempo e nello spazio.
D’altro canto prima dell’età adolescenziale abbiamo i cosiddetti “anni invisibili”, una sorta di buco nero che corrisponde agli anni delle scuole medie inferiori: un periodo in cui sembra non sia successo nulla; anni avvolti nel silenzio di tutti, dei genitori, della scuola, ma invece è proprio in questo periodo importantissimo che i ragazzi si preparano all’adolescenza.
L’adolescenza è un’avventura che s’intraprende e che continua per tutta la vita, e grande avventura è per i ragazzi riuscire a tenere insieme le diverse componenti del loro mondo interno e di quello esterno. Nell’età adolescenziale cambiano gli affetti, il modo in cui ci si propone al mondo circostante e proprio gli altri, gli adulti, sono i primi che accentuano questa discontinuità. Sbalzi repentini d’umore, magari che si presentano in forma ciclica, sono “crisi fisiologiche” dell’età adolescenziale che, contrariamente a quanto potrebbe accadere in un adulto, non presentano nulla di patologico.
Proprio l’assenza di queste “crisi fisiologiche”, con il contemporaneo instaurarsi di altri segnali quali, ad esempio, il disinteresse per le relazioni affettive, l’umore invariabile di noia, apatia, diventano sintomi di preoccupante disagio.
Ed è proprio la noia una delle cause dell’avvicinamento degli adolescenti al mondo della droga.

Questa è la splendida definizione della noia data da Bernanos, una polvere sottile che si adagia in maniera continua su di noi e che ci obbliga ad un movimento perpetuo. Purtroppo, a volte, capita che alcuni giovani, per scuotersi la polvere di dosso, utilizzino altra polvere, più micidiale della noia.

Secondo Moravia la noia è scarsità della realtà, incomunicabilità ed incapacità di uscire da sé stessi, desiderio di fare qualcosa accompagnato dalla volontà di non fare niente. Quante volte ci siamo messi dinanzi ad un libro con il desiderio di studiare per poi inseguire, e non solo con il pensiero, una mosca che stava svolazzando, trovando così una giustificazione alla volontà di non fare niente.
“La droga non è più la magia di chi non ha più nulla nella sua vita, ma il tentativo di combattere la noia, di sfuggire ad una vita piatta che per paura non si vuole cambiare. Siamo diventati incapaci di divertirci senza aver giramenti di testa, senza avere allucinazioni. Ma ancora peggio, non siamo capaci di cercare con tutte le nostre forze le soddisfazioni di una vita realmente vissuta che, come è giusto, non piovono dal cielo a nostro desiderio.”
“Che cosa rappresenta la droga per i giovani?
Fuga o trasgressione?”
di seguito alcune risposte date dai giovani, ed ecco che emerge la noia, la volontà di fuga dalla realtà tediosa, la voglia di fare qualcosa di “speciale”.

“Droga per me vuol dire: divertimento, fuga dalla noia. Se il sabato sera non c'è proprio un ***** da fare, vai con la droga.”
“bella bella domanda...è la frustrazione che provoca questa società..una fuga...però in molti casi è la tentazione del trasgredire,di superare i limiti..dipende dai casi ma tendenzialmente dico fuga/noia. ciao!”
“decisamente trasgressione....tranne x ki maga ha dei gravi problemi e x nn pensare s droga”
“trasgressione...lo si fa all'inizio per trasgressione poi...dato che la tua vita si dissolve...lo si fa per fuga”
“i giovani non sanno più che ca**o fare la sera... non si divertono più e allora si drogano e bevono... fuga? trasgressione??? naaa ... pura e semplice noia”
“Secondo me la droga per i giovani rappresenta solo un divertimento per evadere dalla noia. Ci si droga quando si è arrivati a fare già tutte le esperienze e non c'è più niente da fare ...”
Per superare i momenti d’abbattimento psicologico si fa ricorso alle cosiddette “droghe ricreazionali”, che offrono, a prezzi più che accessibili, quell’”aiutino” che serve per superare i momenti di noia, risvegliando ogni istinto sopito, facilitando le relazioni sociali magari s-ballando in discoteca.
Ecstasy, cocaina, ma anche nuove droghe questi sono alcuni degli strumenti per fuggire dalla realtà.
Il giovane che assume stupefacenti non si sente un drogato, è convinto di smettere quando vuole, di dominare la situazione; d’altronde gli effetti che tali sostanze producono sono di generale benessere. A ciò si aggiunge che l’immaginario collettivo che raffigura il drogato è fermo tra gli anni 70/80 del secolo scorso: un giovane allampanato, avvolto nel soprabito lungo, appoggiato ad un muro della stazione ferroviaria nell’attesa dell’arrivo della dose o l’immagine successiva, seduto per terra, con l’ago infilato nel braccio mentre sta vagando per mondi chimerici. Sicuramente non si riconoscono in questa immagine i giovani che solo ingerendo una pasticca o tirando una “striscia” sperimentano sensazioni d’affetto, di socializzazione, d’estremo benessere psico-fisico.
Le nuove droghe sono accattivanti, sono colorate, assomigliano alle caramelle, hanno prezzi stracciati. Che male può fare ingerire una pasticca, per di più tanto simile ad un dolce confetto, quando oggi ogni problema si risolve con l’ingestione dell’”apposita” pillola, dal mal di pancia alla depressione.
Cosi parla Guido:
“ Ho conosciuto la droga attraverso amici che già ne facevano uso. Avevo 18 anni, nella sala giochi dove passavo le serate con i miei amici, la noia faceva da padrona e noi decidemmo di ammazzarla unendoci a dei nostri conoscenti che già l’assumevano. Io già facevo uso di hashish, fumavo spinelli. La prima volta che ho provato droghe pesanti, ho avuto paura che mi potesse succedere qualcosa, la seconda l’ho fatta perché nella prima non avevo capito la sensazioni che dava. La droga ha portato nella mia vita radicali cambiamenti: litigavo con i miei, cosa mai successa prima, mi ha lasciato la ragazza e ho perso il lavoro. La noia, che mi è stata fatale, stavolta mi ha spinto ad uscirne, non ne potevo più di essere guardato con soggezione, di litigare con la mia famiglia….Dopo 7 anni che assumevo sostanze stupefacenti decisi che era ora di finirla e mi recai al Ser.T. Spesso ho fatto terapie inutilmente, sono stato anche in comunità. Per un certo periodo sono stato bene, poi ci sono ricaduto ed ora sono 3 anni che sto “bene”. Nei momenti di crisi cercavo di non pensarci facendo altre cose: andando al cinema, uscendo con la ragazza o semplicemente passeggiando. Dalla dipendenza ne esci solo se lo vuoi veramente, il primo passo lo devi fare da solo. La droga è un tranello, sconsiglio ai giovani di provarla, anche perché se la provi la prima volta al 99% ci stai dentro.”
Ma quali sono le droghe che vengono consumate, qui di seguito saranno descritte alcune tra le più comuni sostanze e anche qualcuna nuova, pericolosissima.

PARTE SECONDA
Le droghe
1. Cocaina.
La cocaina deriva dal trattamento delle foglie essiccate della pianta di coca. Nel 1860 fu isolato l’alcaloide principale dalle foglie di coca: la cocaina. Attualmente si trova in tre diverse forme:
1) cocaina idrocloruro, che viene generalmente sniffata ed è solubile in acqua;
2) cocaina free-base, che viene generalmente fumata ed è insolubile in acqua;
3) crack, che è cocaina free-base “cucinata” e che viene generalmente fumato.
La cocaina “da strada” si trova associata a “sostanze da taglio” per lo più inerti (mannitolo, lattosio ecc.), ma anche mescolata a sostanze attive (procaina, lidocaina ecc.). La droga può essere assunta per via endovenosa, per via orale, e per inalazione della polvere per via nasale o sotto forma di vapore. Gli effetti classici sono quelli di lucidità mentale, aumentata capacità di concentrazione, loquacità, estroversione ed euforia. L’intossicazione da cocaina provoca contratture muscolari, aumento delle pulsazioni, secchezza delle fauci, ipereccitazione, aggressività, insonnia. Con l’assunzione prolungata sarà possibile il manifestarsi di denutrizione, impotenza, delirio paranoico. La cocaina da una forte dipendenza psichica, vale a dire il desiderio di sperimentare in maniera reiterata gli effetti della sostanza.
2. Il Crack.
Il termine prende il nome dal caratteristico suono (cracking, scricchiolio) che si sente quando si fuma il prodotto. Il crack si ottiene riscaldando la cocaina in soluzione acquosa di bicarbonato o ammoniaca. Ciò che ne deriva è una sostanza aggregata di colore azzurrino-biancastra o crema-biancastra. Comunemente il crack è assunto tramite apposite pipe ad acqua denominate “water pipes” o “camoke”, oppure è direttamente fumato mescolato al tabacco di una sigaretta, all’hashish od alla marijuana. Dall’assunzione ne deriva un “rush” rapido ed immediato, con sensazioni di forza, energia, euforia (talvolta violenta), scioltezza comunicativa e vivacità. Purtroppo il crack induce facilmente alla dipendenza psichica, portando al rapido aumento degli episodi ripetuti di fumo (binges). Infatti il consumo di crack si ripete più volte in un giorno, fino a quando l’assuntore non ha un crollo psico-fisico. Ma così come l’”high” è immediato, allo stesso modo il “down” è pesante: paranoia, apatia, depressione, nervosismo, sonno eccessivo o insonnia, diminuzione delle sensazioni di piacere. A lungo andare si manifesteranno stati paranoici accompagnati da deliri e allucinazioni, alienazione dell’individuo.
3. L'Eroina. L’eroina è un derivato dell’oppio. Dall’oppio si ottiene la morfina, dalla quale si sintetizza l’eroina. Il prodotto ottenuto si presenta in forma di polvere bianca. Esistono diversi tipi d’eroina: “turca”, “pakistana”, “iraniana” ecc, queste si differenziano sia per la diversa natura del principio attivo, che per le modalità del “taglio”. L’eroina può essere iniettata, ingerita, “sniffata”, fumata.
L’assunzione d’eroina provoca un immediato “flash euforico”, della durata di pochi minuti, dà sensazioni di benessere, riduzione dell’ansia, della depressione, innalzamento dell’euforia, senso di pace, di calore, distensione nervosa, allontanamento dello stress psico-fisico, effetti analgesici. Il “flash euforico” è seguito da una fase di rilassatezza, distacco dal mondo, calma e soddisfazione che digrada in offuscamento delle funzioni mentali e assopimento, che può durare anche molte ore, con abbassamento della frequenza cardiaca e della respirazione, tanto che nei casi estremi può portare anche alla morte. Questo stato può perdurare da 2 a 6 ore. Gli effetti indesiderati a breve termine sono: costrizione delle pupille (le cosiddette “pupille a spillo”), eloquio “impastato”, nausea, diarrea e vomito, sonnolenza, apatia, difficoltà a concentrarsi, prurito insistente. L’assunzione prolungata d’eroina può portare a perdita dell’appetito e calo di peso, sedazione cronica e apatia, danni agli organi interni (polmoni, fegato, reni), deterioramento dei denti ed indebolimento delle gengive, costipazione, irregolarità del ciclo mestruale, se assunta per inalazione possono presentarsi danni alle strutture nasali, se iniettata si presentano le classiche ferite da puntura e otturazione dei vasi sanguigni con relativa necrosi delle zone irrorate, rapido instaurarsi della tolleranza con dipendenza psico-fisica (bisogno di assumere nel più breve lasso di tempio altra eroina), assuefazione (ben presto con l’assunzione di una dose sparirà il rush e si dovranno assumere altre dosi d’eroina per evitare crisi di astinenza). Oltre a ciò sono da considerare gli effetti indiretti che si manifesteranno con danni fisici e sociali: malattie infettive (AIDS ed epatiti) per lo scambio di siringhe tra assuntori, polmoniti dovute all’indebolimento dell’apparato respiratorio, infezioni dovute ai batteri presenti nell’”eroina da strada”, furti e spaccio di droga per procurarsi le necessarie dosi quotidiane, compromissione dei rapporti affettivi in genere (familiari, d’amicizia, lavorativi), poiché ogni legame è strumentalizzato al fine di procurarsi eroina.
4. Cannabis.
Il nome della cannabis deriva dal greco kanabsi che significa acqua stagnante, proprio perché il vegetale trova il suo habitat favorevole in luoghi umidi. La Cannabis sativa (canapa) è una pianta che cresce spontaneamente in molte parti del mondo dove è usata per diversi scopi tra i quali la produzione di fibre tessili e droghe (marijuana, hashish ecc.). Fino a qualche tempo fa si credeva che esistessero distinte specie di cannabis, oggi è certo che non esistono piante di canapa morfologicamente diverse, ma solo delle “varietà chimiche” che si differenziano per il diverso contenuto delle sostanze farmacologicamente attive. L’essudato essiccato prende il nome di hashish. Vediamo quali sono le preparazioni a base di cannabis che si trovano nel commercio clandestino:
1) Marijuana (chiamata anche Kiff o Dagga). Si tratta di una preparazione ottenuta mescolando diverse parti della pianta, opportunamente essiccate e triturate. E’ fumata pura o mescolata a tabacco dopo averne fatto delle sigarette.
2) Hashish (chiamato anche Charas o Chira). Si ottiene dall’essiccazione dalla resina delle estremità fiorite della pianta. E’ commercializzato in tavolette dal diverso colore, dalle quali prende anche il nome (es.: “nero” pakistano).
3) Ganja. E’ un termine creolo-giamaicano che sta ad indicare una particolare preparazione a base di cannabis. Si ottiene omogeneizzando solo la resina e le foglie superiori della pianta. La ganja ha un THC nettamente superiore alla marijuana
4) Bhang. E’ il decotto di marijuana, va bevuto.
5) Olio di hashish. Si tratta dell’estratto di resina pura.
6) Skunk. Il Termine significa “puzzola”, proprio per il suo odore speziato, corposo, con sottile aroma di caffé. E’ un incrocio tra due diverse specie di cannabis (sativa e indica).
Tutti i prodotti della cannabis, ottengono il maggior effetto stupefacente se fumati, sia tramite sigarette (anche con l’aggiunta di tabacco), sia con pipe chiamate “shilom”. Le sigarette contenenti prodotti della cannabis prendono il nome ormai noto di “canne”, “cannoni”, “spinelli”.
Gli effetti inducono ad un atteggiamento mentale positivo, ottimismo, buon umore, rilassamento, intensificazione dei sensi visivi ed uditivi, distorsione del senso del tempo, grandiosità d’idee. Gli effetti compaiono dopo circa 5 minuti dall’assunzione e possono durare, secondo il diverso metodo d’assunzione, da 2 a 9 ore. L’uso eccessivo può causare attacchi di panico, nausea, perdita di memoria. Altri effetti riguardano l’aumento della frequenza cardiaca, l’aumento della minzione, la secchezza delle fauci con stimolazione a bere di continuo, la congestione congiuntivale con lieve riduzione delle dimensioni della pupilla. A lungo termine si può avere la cronicizzazione di sinusite, faringite e broncocostrizione. Attualmente non vi sono notizie certe che la cannabis dia dipendenza fisiologica, ma è provato che la sostanza induce una forte dipendenza psicologica.
5. Ecstasy.
Sostanza stupefacente che appartiene alla classe delle cosiddette designer drug, droghe progettate e realizzate in laboratorio.
L’ecstasy è una metamfetamina il cui principio attivo è la 3,4-metilendiossimetamfetamina, abbreviato in MDMA. L’ecstasy è principalmente assunta per via orale, sotto forma di pasticche, ma anche sciolta in acqua o, più frequentemente, in bevande alcoliche. Gli effetti si manifestano dopo circa 25-30 minuti dall’assunzione, raggiungono il picco dopo circa un’ora permanendo per circa 3-4 ore, quindi declinano in 7-8 ore. Gli effetti dell’ecstasy sono costituiti da generale benessere, euforia, piacere, sintonia con l’altro, facilità di comunicazione, tutte le percezioni sono intensificate: la musica si sente più pulita, i colori si vedono più intensi, si allentano le inibizioni (ma non in maniera disorganizzata come sotto l’effetto dell’alcool), si accentua il desiderio del contatto fisico e della relazione intima (anche, ma non esclusivamente sessuale). Gli effetti indesiderati immediati sono la perdita dell’appetito, bocca arida, tachicardia, tensione delle mascelle, digrignamento dei denti, eccessi di caldo e freddo, e desiderio di urinare, innalzamento della pressione sanguigna, aumento della velocità del battito cardiaco e aumento della temperatura corporea, dilatazione delle pupille. Siccome molto spesso l’ecstasy si assume in discoteca, ballando, è possibile il verificarsi del cosiddetto “colpo di calore” (il calore prodotto dai muscoli non riesce ad essere smaltito e si traduce in un forte aumento della temperatura corporea), che può diventare mortale. Altri effetti indesiderati sono: vomito, crampi alle articolazioni, dolori di testa, capogiri, scarsa concentrazione, improvvisa stanchezza, depressione e panico, sino a pensieri suicidi. Gli effetti indesiderati a lungo termine sono ancora in fase di studio, ma senza dubbio l’assunzione prolungata causa insonnia e danni cerebrali irreversibili. Gli studi fin qui compiuti non hanno dimostrato che l’ecstasy induce dipendenza fisica, sicuramente dà dipendenza psicologica e tolleranza (per ottenere lo stesso effetto sono necessarie dosi sempre maggiori, con i rischi conseguenti). L’assuntore proverà la sensazione di non riuscire più ad avere normali rapporti interpersonali senza aiutarsi con pasticche d’ecstasy, tutto il mondo parrà senza colore. Un discorso a parte meritano gli effetti allucinogeni dell’ecstasy, vale a dire l’alterazione delle percezioni sensoriali e della realtà che, con la congiunta assunzione d’alcool etilico ed i conseguenti disturbi dello stato di vigilanza, sono i principali responsabili delle cosiddette “stragi del sabato sera”.
6. LSD.
Il nome tecnico è dietilammide dell’acido D-lisergico. Si tratta di una sostanza allucinogena, vale a dire di una sostanza che provoca allucinazioni. L’allucinazione è la percezione di qualcosa che non esiste e tuttavia è ritenuta reale, è involontaria e non criticata, ha i caratteri della sensorialità e della proiezione spaziale. La produzione dell’LSD inizia con l’azione parassitaria di un fungo della segale, il Claviceps purpurea (nome comune: Ergot). Nella forma pura l’LSD si presenta sottoforma di un cristallo trasparente, oppure in forma liquida della consistenza e dell’aspetto dell’acqua. Nel mercato clandestino degli stupefacenti si trovano piccoli francobolli colorati impregnati di LSD. Questi vengono appoggiati sotto la lingua, lasciando sciogliere gli acidi. Dopo pochi minuti dall’assunzione si avranno effetti euforizzanti accompagnati da confusione, debolezza, vertigini, nausea. Dopo 2-3 ore dall’assunzione compariranno illusioni visive, acustiche, tattili, termiche, fenomeni di sinestesia. Si potrà sperimentare la comparsa di forme geometriche in movimento che andranno a sovrapporsi agli oggetti o alla luce. Si avranno visioni paradisiache od infernali, a ciò contribuiranno il set (ad es. lo stato d’animo preesistente all’assunzione) ed il setting (ad es. il luogo, la compagnia). Dopo 4-5 ore si avrà rilassamento e la sensazione di trovarsi in uno stato magico. L’effetto dell’assunzione da LSD durerà dalle 10 alle 16 ore. L’assunzione di LSD ha effetti collaterali molto pericolosi poiché l’assuntore sarà portato a credere d’essere invulnerabile, di poter vincere la forza di gravità, di attraversare i muri, aumentando così la probabilità d’incidenti. Altri effetti collaterali sono attacchi di panico, alterazione della capacità di pensiero e di giudizio. L’assunzione d’alte dosi di LSD può provocare completa confusione mentale e collassi nervosi. Un altro effetto indesiderato dovuto all’assunzione di LSD è il flashback retrospettivo, ovverosia l’improvvisa insorgenza, anche dopo anni, di una sensazione esperita in un precedente “viaggio”.
Termina qui l’elenco di alcune delle più comuni droghe usate sino ad oggi. Purtroppo è necessario dire sino ad oggi, infatti il mondo degli stupefacenti è in continua evoluzione e la legislatura è sempre un passo indietro. Attualmente sono presenti sul mercato delle droghe potentissime, i cosiddetti “nuovi sballi”, e solo alcune di queste hanno attenzione legale quali la piperazine (generalmente in forma di compresse), la ketamina (anestetico veterinario che si presenta in polvere bianca), shaboo (si presenta in forma cristallina), cobret (assunta invece della cocaina o dopo di questa, per il suo effetto calmante), GHB (pericolosissima, detta anche droga dello stupro, si presenta in forma liquida), smart drug (dette anche droghe furbe), allucinogeni derivati da piante e semi per lo più provenienti dal Centro America.

ALTRUISMO – EGOISMO: PRIMA DI TUTTO TE STESSO

Saper donare se stessi è una qualità ma, non sempre, pensare a sé significa essere egoisti. E’ capitato a tutti, che più chi meno, di fare un piccolo esame di coscienza per capire se in una data situazione avremmo potuto fare di più per gli altri. Dare la precedenza ai propri interessi non sempre è difetto perché dipende dalle situazioni in cui si troviamo e dal modo in cui ci rapportiamo agli altri. Non c’è niente di male a dedicarsi a se stessi purché questo non danneggi le persone che ci circondano. Tutti noi abbiamo un istinto di autoconservazione, innnato dalla nascita, che con la fase dello sviluppo dovrebbe conciliarsi con la scoperta dell’altro.
Per diventare persone mature è importante stabilire un rapporto positivo tra l’amore per se stessi e quello per gli altri. Ma è possibile distinguere tra l’egoismo “tout court” e un egoismo “sano”?

Il vero egoismo esisterebbe sono nel caso in cui danneggiamo con i nostri atteggiamenti gli altri, non se cerchiamo di amare di più noi stessi. Una situazione tipo. In tv c’è il vostro programma preferito, ma dovreste sentire la lezione di vostro figlio e pensate “I compiti del bambino? Che se la sbrighi da solo. Piuttosto mi vedo il film senza preoccuparmi del resto, perché dovrei rinunciare a ciò che veramente mi piace?”. Il vero egoista è incapace di stabilire rapporti equilibrati basati sullo scambio perché è del tutto insensibile alle necessità di chi lo circonda. Il suo motto è: prendere senza mai dare.
Oscar Wilde diceva: “L’egoismo non consiste nel vivere come ci pare ma nell’esigere che gli altri vivano come pare a noi”.

Il vero altruismo è una qualità che si deve imparare ad allenare fin dall’infanzia, è prima di tutto la capacità di superare il senso di possesso. I suoi aspetti fondamentali essenzialmente sono due: quello razionale, che contempla un certo vantaggio per sé stessi e quello spontaneo che non chiede nulla in cambio, certamente il più nobile. Nel primo caso, si presuppone una sorta di generosità di convenienza, un “do ut des”, cioè un dare per avere. In fondo non c’è nulla di male nello scambio di favori, di appoggio, di sostegno morale e materiale.
In amicizia, per esempio, può capitare che se questa è a senso unico in cui uno dei due dà sempre e non riceve mai nulla in cambio, questa sarà destinata a finire. Lo stesso in un rapporto di coppia.
Esiste anche un altruismo e una generosità di chi non sa mai dire di no. In questo caso non è tanto il buon cuore a far dire di sì, ma il desiderio di piacere e la paura del rifiuto. In conclusione l’altruismo totale è veramente raro perché in tutti noi c’è un misto di egoismo e altruismo.

FIGLI E AMICIZIA

Aristotele affermava: “L’Amicizia è un frutto che matura lentamente”.

I genitori possono fare molto per aiutare i figli “a entrare in società” a diventare persone capaci di relazioni costruttive e soddisfacenti con gli altri.

Le relazioni con i coetanei sono fondamentali per lo sviluppo armonico della personalità. Aiutare i figli a coltivarle fin da piccolissimi, passo dopo passo significa insegnare a comporre il puzzle della loro identità e fornire gli strumenti sociali indispensabili per tutte le forme di “convivenza” futura…. Avere un coetaneo accanto aumenta la fiducia in sé, indirizza verso l’autonomia e attutisce lo stress nei momenti delicati. Solo a partire dalla preadolescenza si aggiungono la lealtà e l’impegno.
Avere un amico come spalla su cui piangere, come orecchio pronto ad ascoltare, segna l’inizio di una nuova autonomia rispetto ai genitori. Permette di esorcizzare paure e timori che gli adulti faticano a capire. Tutte le amicizie fanno crescere, anche quelle in cui il bambino rifiuta o si sente rifiutato. I genitori devono lasciare la libertà di scelta ai figli, ma devono assolutamente mantenere un controllo autorevole. Devono restare al fianco dei figli anche se in modo progressivamente più discreto e senza intromissioni troppo visibili. Il primo modo, come sempre, è l’esempio. In famiglia si impara il “metro” con cui misurare il resto del mondo.
I genitori devono conoscere e valutare con la massima attenzione l’atmosfera che regna nell’ambiente extrafamiliare: a scuola, nel paese, nel quartiere, nell’oratorio. Sono la palestra in cui quotidianamente si esercitano i loro figli. Spesso le amicizie sono strade in salita e i genitori devono affrontare insieme ai figli le piccole e grandi difficoltà nelle relazioni. Con coraggio, decisione e senso della realtà. Senza minimizzare e senza faciloneria. Le sofferenze dei piccoli sono sempre crudelmente sottovalutate dagli adulti.
Se un figlio fa fatica a fare amicizia, non gettatelo “nella mischia” ma accettate la sua timidezza. Invitate in casa, i suoi compagni per qualche festa e rimanete con lui. La vostra presenza, purchè silenziosa, lo rassicurerà e lo spingerà ad aprirsi. Se il bambino è isolato o maltrattato è necessario fargli acquisire un’abilità che gli altri bambini ammirano. D’altronde, possedere qualche competenza o riuscire in qualcosa dà un senso di orgoglio e produce un’autostima sufficiente a tollerare poi eventuali difficoltà nei rapporti con gli altri.
Avvicinare altre persone significa anche correre il rischio di essere criticati e rifiutati; un ragazzo o una ragazza sufficientemente sicuro di sé affronta questo rischio. Se è rifiutato dai compagni esaminate la situazione con vostro figlio, tenendo conto anche delle motivazione che spingono gli altri ad adottare un atteggiamento di rifiuto o di scherno. Mettete in atto i rimedi necessari. Spiegare anche che nella vita non si può piacere a tutti, né essere sempre vincenti.
Se un figlio subisce senza reagire, alzate le antenne e cercate di capire i segnali, verbali e non, tipici del “bullismo”, come il desiderio di non andare più a scuola, la chiusura in se stessi, il rifiuto di parlare di problemi, i brutti voti, i pianti nel cuore della notte…. Non esitate e siate diretti: “Penso che qualcuno ti stia facendo del male, che sia prepotente con te, parliamone”. Dite a vostro figlio che siete pronti ad ascoltarlo quando lo vorrà.
E’ importante non lasciare che i figli vivano le loro amicizie come qualcosa di esclusivo, che non deve essere riservato nella comunicazione ordinaria della famiglia. Quando i ragazzi scelgono la strada del silenzio in casa, quando evitano di far conoscere i loro amici, è un cattivo segno: o ritengono che i grandi non sono in grado di capire i loro sentimenti e il loro vissuto (e bisognerebbe chiedersi perché sono arrivati a questa conclusione); oppure pensano che i coetanei non sono presentabili (e allora dovrebbero interrogarsi sulle scelte che fanno quotidianamente). Qualche volta si può trattare anche solo di pudore e allora tocca a loro fare il primo passo, con delicatezza e descrizione affinché non ci giudichino invadenti. Ma dobbiamo anche far capire che le loro esperienze di amicizia ci riguardano in quanto palestra della loro crescita.
Abbiamo il diritto e il dovere di chiedere ai nostri figli alcune cose precise: l’attenzione a mantenere sempre vivo il senso della responsabilità individuale, perché non si nascondano nel conformismo di gruppo; la capacità di custodire la loro autonomia di pensiero, di valutazione e di azione, affinché l’amicizia non sviluppi forme di dipendenza affettiva; la voglia di accrescere la disponibilità al confronto, in modo da non vivere le relazioni interpersonali in modo stagnante; il gusto di allargare progressivamente la cerchia delle conoscenze, così da superare la logica ghettizzante che talora pervade i gruppi giovanili; la disponibilità di transitare pian piano dalla logica dello “stare con” a quella dell’”essere per”.
Tutto questo significa, sostanzialmente, che dobbiamo sempre ricordare ai nostri ragazzi che bisogna rimanere se stessi anche nello scambio affettivo, perché la fedeltà alla propria identità non può essere svenduta per avere in cambio la sensazione di sentirsi accettati dai coetanei. E’ una verità, questa, che rimanda a un’altra verità: se non si è esigenti, non si costruisce mai un’autentica qualità della vita.

Estratti dagli articoli di Bruno Ferrero “Gli amici fanno crescere” e Marianna Pacucci “Risorsa amicizia” su Bollettino Salesiano ottobre 2008

CAMBIARE LE COSE

Una tempesta terribile si abbatté sul mare. Lame affilate di vento gelido trafiggevano l’acqua e la sollevavano in ondate gigantesche che si abbattevano sulla spiaggia come colpi di maglio, e come vomeri d’acciaio aravano il fondo marino scaraventando le piccole bestiole del fondo, i crostacei e i piccoli molluschi, a decine di metri dal bordo del mare.

Quando la tempesta passò, rapida come era arrivata, l’acqua si placò e si ritirò. Ora la spiaggia era una distesa di fango in cui si contorcevano nell’agonia migliaia di stelle marine. Erano tante che la spiaggia sembrava colorata di rosa.

Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa. Arrivarono anche delle troupe televisive per filmare lo strano fenomeno. Le stelle marine erano quasi immobili. Stavano morendo.

Tra la gente, tenuto per mano dal papà, c’era anche un bambino che fissava con gli occhi pieni di tristezza le piccole stelle di mare. Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente. All’improvviso il bambino lasciò la mano del papà, si tolse le scarpe e le calze e corse sulla spiaggia. Si chinò, raccolse con le piccole mani tre piccole stelle del mare e, sempre correndo, le portò nell’acqua. Poi tornò indietro e ripeté l’operazione.

Dalla balaustra di cemento, un uomo lo chiamò: “Ma che fai ragazzino?” “Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia!” rispose il bambino senza smettere di correre. “Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia: non puoi certo salvarle tutte. Sono troppe!!! -gridò l’uomo- “e questo succede su centinaia di altre spiaggie lungo la costa! Non puoi cambiare le cose!”

Il bambino sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: “Ho cambiato le cose per questa qui”.

L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi si chinò, si tolse scarpe e calze e scese in spiaggia. Cominciò a raccogliere stelle marine e a buttarle in acqua. Un istante dopo scesero due ragazze ed erano in quattro a buttare stelle marine nell’acqua. Qualche minuto dopo erano in cinquanta, poi cento, duecento, migliaia di persone che buttavano stelle di mare nell’acqua.

Per cambiare il mondo è necessario che qualcuno ci creda ed inizi ad annunciare Cristo con la vita;
altri vedranno e si uniranno a lui e ben presto
potremo tutti accorgerci che Dio si serve di noi
per salvare il mondo.

LETTERA IMPOSSIBILE DEL PICCOLO TULLIO.

Cara mamma,
lo so che hai stima di me! Non solo perché faccio quello che vuoi tu. Anzi, sai perché faccio quello che vuoi tu? Sai perché sto attento a spiare che cosa vuoi da me? Sai perché sono felice di farti contenta, anche quando non capisco proprio che cosa ti sei messa in testa? Semplice! Perché sei la mia mamma. Essere preso in braccio mi è sempre piaciuto molto, lo sai. Anche perché tu mi capivi al volo ed eri la mia gru, il mio elicottero, la mia bici, le mie gambe: in braccio a te potevo arrivare a tutto. Se era per me, ti stavo in braccio per sempre.
Ma un giorno tu mi hai messo in piedi davanti a te. E mi hai detto: “Cammina!” e ti sei messa un po’ distante, staccata da me, al punto che le mie braccine tese non potevano raggiungere la punta delle tue dita. Eppure anche tu avevi le braccia spalancate. E ridevi. Di un po’, eri sicura che avrei messo avanti il piedino incerto? …Che non sarei lasciato andare? Eri proprio sicura. Avevi stima di me.
E’ vero, sono caduto spesso, tu lo sai. Ma quando ero a terra disperato e confuso e molto molto arrabbiato, tu sei rimasta tranquilla, non ti sei precipitata su di me urlando “Cosa ti sei fatto?”, rialzandomi spaventata.
Tu mi hai guardato ed hai aspettato che mi rialzassi; appena rimesso in piedi, dopo aver un poco
oscillato sono arrivato io da te e ti ho mostrato il mio piccolo male: tu mi hai impresso un bacio, perché sai che i tuoi baci hanno poteri magici. Se fosse stato per me, dopo quella e dieci e mille cadute io sarei rimasto seduto. Non avrei camminato più. Ogni volta tu hai aspettato che camminassi ancora, come se fosse stato “normale” non farcela, qualche volta.
Qualche volta mi hai detto: “Attento, guarda dove metti i piedi, vedi c’è uno scalino”. Ma in nessuno di questi avvenimenti io ho sentito che non dovevo camminare più, perché era troppo pericoloso. Forse qualche volta ti balzava il cuore, quante volte magari ti sei rimproverata di non aver visto al posto mio gli ostacoli, però mi hai detto che vale sempre la pena ricominciare.
Quando sarò grande, me lo ricorderò, confusamente. Saprò che “stare sulle proprie gambe” non significa non cadere mai. Gli insuccessi, gli smacchi, gli errori fanno parte del mestiere di vivere. Da te ho saputo che vale la pena ricominciare. Anche se l’errore sarà grosso e avrò bisogno di essere consolato. E magari perdonato.
Quando poi ho imparato il gusto di camminare, trotterellare, correre e non solo per venire da te (poiché tu me lo hai insegnato per me, per esplorare il mondo) allora –dico- sono fioccati i tuoi no e quelli di papà. Un tuo no mi lascia molto perplesso, lì per lì: perché arriva giusto quando sto facendo la cosa più curiosa e più divertente: raggiungere in giardino un bruco, …. tirare la tovaglia, ….. : “No –dici tu- no e poi no”.
Sulle prime, è un po’ difficile adeguarmi ai tuoi no, qualche volta di distruggerei perfino, come faccio con i miei giocattoli. Poi un po’ per volta ho imparato. Ho anch’io i miei trucchi.
Ogni tanto mi giro un poco e ti guardo: se tu mi dici di sì con lo sguardo, io capisco che non c’è nessun pericolo per me. Com’è affascinante il mondo per me, mamma. Anche per te? Non ti sento mai in ansia.
E allora sono libero. Pensa ho dieci, venti metri a mia disposizione: i tuoi no non mi hanno fatto imparare che lì, dentro il tuo permesso, sono libero. Se sono incerto, mi basta guardarti: se mi dici di no, io so che c’è in agguato un pericolo. Quei fuochi pallidi vicini vicini mi mandano un calore simile a una carezza mi attirano molto, sai. Ma se tu mi dici “no, non toccarli” io mi fido. I tuoi no sono come una grande cornice, dentro ci posso disegnare il quadro come voglio. Ma se non c’è la cornice, come faccio a sapere dove disegnare; o meglio, come faccio a sapere che è possibile disegnare, tracciare le linee mie, i miei bellissimi scarabocchi?
Allora ti porto i miei disegni con fierezza: sono stato proprio io.
Allora sento che tu sei fiera di te stessa, perché io sono fiero di me. E papà e fiero di te e di me. Anche lui dice i no. Non per sgridarmi. Fra poco, imparerò anch’io l’ebbrezza di dire dei no. E’ da qui che imparerò che “i grandi” i primi no hanno saputo dirli a se stessi. I no sono forse il sale della vita? E’ amaro, ma dà sapore.
tuo Tullio.
Tratto da “I tempi della famiglia. Giornale di bordo per una navigazione competente”
ediz. Ancora, Milano 1996, pp. 2-3

IL PELLEGRINAGGIO

Partire è anzitutto uscire da sé.
Rompere quella crosta di egoismo che tenta di imprigionarci nel nostro io.
Partire è smetterla di girare intorno a noi,
come se fossimo il centro del mondo e della vita.
Partire è non lasciarci chiudere negli angusti problemi
del piccolo mondo a cui apparteniamo.
Qualunque sia l’importanza di questo nostro mondo,
l’umanità è più grande ed è essa che dobbiamo servire.
Partire non è divorare chilometri, attraversare i mari,
volare a velocità supersoniche.
Partire è anzitutto aprirci agli altri, scoprirli, farci loro incontro.
Aprirci alle idee, comprese quelle contrarie alle nostre,
significa avere il fiato di un buon camminatore.
Felice chi comprende e vive questo pensiero:
“se non sei d’accordo con me, tu mi fai più ricco”.
Avere vicino a sé una persona che sa dire solo “amen”,
che è sempre d’accordo, già prima che glielo chieda e incondizionatamente,
non è avere un compagno, ma un’ombra.
E’ possibile viaggiare da soli.

Ma un buon camminatore sa che il grande viaggio è quello della vita
ed esso esige dei compagni.
Beato chi si sente eternamente in viaggio
e in ogni prossimo vede un compagno desiderato.
Il buon camminatore si preoccupa dei compagni scoraggiati e stanchi.
Intuisce il momento in cui cominciano a disperare.
Li prende dove li trova. Li ascolta.
Con intelligenza e delicatezza,
soprattutto con amore, ridà coraggio e gusto per il cammino.
Andare avanti solo per andare avanti, non è vero camminare.
Camminare è andare verso una meta; è prevedere l’arrivo, lo sbarco.
Ma c’è cammino e cammino:
partire è mettersi in marcia e aiutare gli altri a cominciare la stessa marcia.
Per costruire un mondo più giusto.
Dom Helder Camara – Vescovo in Brasile

“ALMENO L’ITAGLIANO SALLO!!!!!!”

 Quando muoio mi faccio cromare. (Eccellente)
 Di fronte a queste cose rimango putrefatto! (Che schifo!)
 Arriva il treno hai blaterato il biglietto? (……)
 Basta! Vi state coagulando contro di me! (Trasfusione?)
 Non so a che santo riavvolgermi. (Una video cassetta devota…..)
 Il cadavere presentava evidenti segni di decesso. (Ma va?! Strano!)
 Prima di operarmi mi fanno un’autopsia generale. (Auguri)
 Sono momentaneamente in stand-bike (L’attesa in bicicletta…..)
 E’ inutile piangere sul latte macchiato. (Meglio farlo su un bel cappuccino…..)

AL MIO AMATO FIGLIO

Sai cosa ho fatto quando sei nato?
Come prima cosa ho contato le tue dita.
E sai perché?
Perché avevo paura delle radazioni.
Ricordati che tuo nonno era ad Hiroshima nel 1945.
Stava tagliando l’erba per i conigli
quando
la bomba atomica è stata lanciata.
Non ha avuto il tempo di capire
cosa stava succedendo ed ha perso conoscenza.
Quando rinvenne c’era l’inferno.

Ho incontrato una donna, una volta,
che era la figlia di un superstite
della bomba atomica di Nagasaki:
Mi disse che suo figlio era nato con sole tre dita.
Abbiamo pianto insieme.

Tuo nonno sperava che il mondo
fosse un luogo di pace ed armonia…..
Ci ha lasciato le sue volontà in silenzio.
Pensiamo
a quello che possiamo fare per il nostro futuro.
Siamo sicuramente piccoli,
ma è possibile che le cose cambino.
Quello di cui abbiamo bisogno non sono le armi,
ma della nostra saggezza e della cooperazione.
Da parte di tutti.
Kazuyo Yamane

L'assenza di Dio

Un giorno un professore universitario chiese ai suoi studenti: "Dio ha creato tutto quello che esiste?"
Uno studente si alzò in piedi coraggioso e rispose: "Sì, lo ha fatto!"
Il professore domandò di nuovo: "Dio creò tutto?"
"Sì professore!" rispose l'altro.
Allora gli disse il professore: "Se Dio ha creato tutto, allora Dio ha creato il male; infatti il male esiste, e siccome vale il precetto che le nostre opere sono un riflesso di noi stessi, allora Dio è male".
Lo studente si sedette silenzioso davanti a questa risposta, e il professore si rallegrò che ancora una volta avesse dimostrato che la fede era un'illusione.

Un altro studente alzò la mano e disse: "Posso farle una domanda professore?" e quegli rispose: "Certamente".
Il giovane si alzò in piedi e disse: "Professore, esiste il freddo?"
"Che domanda è questa? Certo che esiste, per caso lei non ha mai avuto freddo?" gli rispose quello.
Gli disse allora il ragazzo: "Di fatto, professore, il freddo non esiste. Secondo le leggi della Fisica, quello che consideriamo freddo, in realtà è l'assenza di calore. Ogni corpo è oggetto di studio quando ha o trasmette energia. Il calore è quello che fa questo corpo quando possiede o trasmette energia. Lo zero assoluto è l'assenza totale e assoluta di calore, quando tutti i corpi diventano inerti, incapaci di reazioni, ma il freddo non esiste. Abbiamo creato questo termine per descrivere quello che sentiamo quando non abbiamo calore.
Ed esiste l'oscurità?" continuò lo studente.
"Certamente" rispose il professore.
Ed egli disse "Nuovamente si sbaglia, l'oscurità nemmeno esiste. Essa in realtà è l'assenza di luce. La luce si può studiare, l'oscurità no, infatti il prisma di Nichols può scomporre la luce bianca nei suoi vari colori di cui è composto, con le differenti lunghezze d'onda. L'oscurità no. Un semplice raggio di luce irradia le tenebre e illumina la superficie dove termina il fascio luminoso. Come si può sapere quanto scuro è uno spazio determinato? In base alla quantità di luce lì presente, non è così? Oscurità è un termine che l'uomo ha inventato per descrivere quello che succede quando non c'è luce presente".

Finalmente il giovane chiese al professore: "Esiste il male?"
Ed egli rispose "Certo che esiste, come ho detto all'inizio. Ogni giorno vediamo violenza, crimini e violazioni in tutto il mondo, questo cose sono male"
Allora quello studente disse: "Il male non esiste, o almeno non esiste per sé stesso. Il male è semplicemente l'assenza di Dio, è come le cose di prima, un termine che l'uomo ha creato per descrivere questa assenza di Dio. Dio non ha creato il male. Non è come la fede o l'amore, che esistono come il calore e la luce. Il male è il risultato che l'umanità non ha presente Dio nel suo cuore. E' come il freddo, quando non c'è calore, o l'oscurità quando non c'è luce."

Allora il professore, annuendo con il capo, si sedette, in silenzio.
Il giovane si chiamava Albert Einstein.
Dio mio, se è vero che tu sei dappertutto
come mai io sono così spesso altrove?
Se vai in capo al mondo, trovi le tracce di Dio
se scendi nel tuo profondo, trovi Dio stesso.